Finalmente dopo innumerevoli tentativi, io e il mio amico Luca riusciamo ad avere la possibilità di passare due giorni in montagna insieme. Senza esitare, date le temperature stagionali favorevoli, optiamo per dormire in tenda. Ma dove? Dopo una breve consultazione delle carte Tabacco, incuranti della fatica e attratti dai paesaggi dolomitici, decidiamo di andare a scarpinare ai piedi del monte Civetta, dormire nei pressi del lago Coldai e magari, forze permettendo, affrontare la famosa ferrata degli Alleghesi fino alla cima. Sabato di buon’ora si parte, destinazione Casera della Grava. Da qui, l’idea è di percorrere metà dell’anello del Monte Civetta in senso orario fino al lago Coldai, passando per il Rifugio Vazzoler. Controlliamo lo zaino, lasciamo i pensieri di ogni giorno in macchina e iniziamo a marciare. 

L'ambiente montano alla partenza

Passano appena 3 chilometri e capiamo subito che per ammirare le famose pareti strapiombanti del Civetta, bisognerà guadagnarsi tale privilegio. Ancora meglio! La prima salita di giornata è su un ghiaione poco simpatico, però ce lo divoriamo tra una chiacchera e l’altra. Arrivati alla Forcella delle Sasse, approfittiamo per fermarci e mangiare qualcosa, o forse solo per goderci appieno quei primi panorami. Un panino, due parole con un amico, lo sguardo che si perde tra quelle pareti, finalmente! Proseguiamo lungo il sentiero nr. 558 fino ad un bivio: qui teniamo la destra in direzione Rifugio Vazzoler poiché a sinistra ci si inerpica verso il gruppo della Moiazza, un altro bel bestione da inserire nella lista delle cime da raggiungere.

In pausa alla Forcella delle Sasse

Affrontando la dolce salita che porta al rifugio, iniziamo a deliziarci con la coda dell’occhio delle fantastiche, quasi inquietanti, pareti sud del Civetta. Non passa molto per ammirare dalla giusta distanza, mantenuta quasi per rispetto, le imponenti torri che si ergono davanti ai nostri occhi. La più famosa e affascinante è sicuramente la Torre Trieste, che con i suoi 750 metri circa di sviluppo verticale, è un monolite simbolo per tutti coloro che arrampicano sulle Dolomiti. Avendo iniziato ad arrampicare da qualche tempo, me ne innamoro subito anch’io. Estasi pura. 

Dopo aver rabboccato le borracce partiamo seguendo il sentiero nr. 560, il quale sale lungo la valle che costeggia le pareti ovest del Civetta fino al lago Coldai. Il sentiero è piacevole e circondato da prati e rigagnoli d’acqua. Durante tutto il tempo, io e Luca approfittiamo per aggiornarci e confrontarci poiché era molto che non ci vedevamo. Farlo così, camminando in mezzo alle montagne e condividendo la fatica, è uno degli aspetti più belli delle escursioni in compagnia. Entrambi siamo contentissimi. 

Le pareti N-O

Dopo 6 ore circa la fame e il peso dello zaino iniziano a farsi sentire. Non ci badiamo perché sappiamo che una volta scollinato, potremmo permetterci di riposare e fantasticare sulla cena. Questo momento per fortuna non tarda ad arrivare, infatti mezz’ora dopo possiamo ammirare il suggestivo lago glaciale davanti a noi, e alle nostre spalle la famosa parete nord-ovest del Civetta. Fame e stanchezza scompaiono immediatamente.

Il Lago Coldai accudito dalle pareti N-O

Appena prima del crepuscolo, intorno alle 19:30, la tenda è già montata appena sotto la forcella e l’acqua del pentolino sta già bollendo per cucinarci il riso. Condividere certi momenti con gli amici, seduti su una roccia, guardando quelle montagne incantate, cucinandosi la cena per poi mangiarla senza fretta e apprezzando tutte le sfumature di colori che il sole ha da regalare, è qualcosa di impagabile. 

Come se non fosse già abbastanza, appena prima che l’orizzonte si divori il sole, aiutato dalla Marmolada, l’acqua del lago e le pareti del Civetta iniziano a riflettere un rosso tenue ed avvolgente dovunque. Surreale. 

Cena con vista
La roccia arrossisce al tramonto

La mattina successiva, dopo una buona dormita, mi sveglio intorno alle 4 per fare qualche foto notturna alle stelle e alla silhouette del Pelmo mentre sorge il sole. Quanto bella è l’alba?! Dopo una colazione veloce ed aver smontato la tenda siamo pronti per ripartire verso l’obiettivo principale: la cima del Civetta. Il primo tratto di avvicinamento alla ferrata è un falsopiano lungo 3,5 chilometri che ci fa guadagnare poca quota. Questo è ottimo per riattivare il fisico e godersi l’alba, meno ottimo se pensiamo che gli 800 metri di dislivello che ci separano dalla cima saranno tutti da affrontare in ferrata. Entrambi stiamo abbastanza bene fisicamente, almeno apparentemente. Dentro di me, sento lo stomaco brontolare, vuole ancora cibo. In questa situazione è impensabile mangiare come quando si è a casa, ma il mio fisico non è molto propenso a sacrificarsi e a farsi andar bene la cosa. 

Le bandierine e gli ometti di pietra sono molto presenti, tant’è che la deviazione verso destra dal sentiero nr. 557, per prendere l’attacco della ferrata, è inconfondibile.

Le prime luci del giorno
Viziati da una bellissima alba
L'attacco della ferrata

Poco dopo le 7 iniziamo il tratto attrezzato. Fin da subito si dimostra divertente, con canalini stretti alternati a tratti esposti ma mai pericolosi. Pioli, scalette e cavi sono sempre molto presenti. Passano solo pochi minuti di ferrata e capisco che c’è qualcosa che non va: le forze sono poche, ho i crampi allo stomaco e non tengo il ritmo. Sono in riserva. Autonomia rimanente: 10 minuti, forse. Per orgoglio e per una questione mentale, non dico niente e tengo duro; finché Luca non si accorge delle mie condizioni precarie e mi offre una barretta. A dire il vero, mi obbliga a mangiarla. Per fortuna gli do retta e poco dopo mi riprendo, macinando i successivi metri di dislivello. Conoscere il proprio corpo è un aspetto fondamentale e mai banale per affrontare certe attività. Per farlo bisogna uscire dalla zona di comfort, fisica e mentale, senza correre rischi inutili ovviamente. Appena sotto Punta Tissi incrociamo tre base jumper intenti a lanciarsi verso Alleghe con delle tute alari. Citando qualcuno, li definirei dei “pazzi furiosi”. Chiacchieriamo un po’ con loro e quasi ci convincono di aspettare per vederli saltare, però il tempo è tiranno, insieme al meteo che stava peggiorando. Dopo 1 ora e 20 minuti di salita distogliamo lo sguardo per un attimo dalle rocce sotto i nostri piedi ed intravediamo il tanto agognato traguardo: la croce di vetta è lì, a 30 metri da noi! Percorriamo gli ultimi metri come se fossimo attratti da una forza magnetica proveniente dalla cima. Tocchiamo la croce, alziamo lo sguardo e ci gustiamo ogni singolo metro visibile da lassù. Proviamo una soddisfazione enorme. Vedere la Marmolada, parte delle Pale di San Martino, le Tofane, il Cristallo, il Gruppo del Sella, il Pelmo e tanto altro, è una lauta ricompensa per le fatiche fatte.

Il panorama dalla cima
Provati ma soddisfatti

Purtroppo il tempo passa e la discesa non si affronta da sola. Foto di rito, indossiamo lo zaino, ultimo sguardo verso tutte quelle meraviglie e via, verso il rifugio Torrani. Affrontiamo la discesa percorrendo la via normale, più diretta e meno impegnativa rispetto alla ferrata Tissi. Dopo 20 minuti raggiungiamo il rifugio. Decido, memore del basso livello di benzina, di fermarmi un attimo per mangiare qualcosa. Approfitto per prendere un panino al volo e scambiare due chiacchiere con il rifugista, il quale si è dimostrato molto gentile e con poco ha conquistato la mia stima: gestire un rifugio in quella zona a 2984 metri non penso sia una cosa banale.

Continuiamo la discesa cercando di seguire la traccia della via normale, segnalata con frequenti bollini rossi sbiaditi. Tuttavia ad un certo punto perdo la traccia, portando la linea di marcia su un fuori sentiero che ci dà un po’ di filo da torcere ma che allo stesso tempo ci offre gli ultimi passaggi divertenti dell’uscita. Ci concediamo l’ultimo regalo pranzando a metà discesa, vicino al ricongiungimento con il sentiero nr. 557. Sembra di stare seduti in platea mentre le nuvole e il sole disegnano forme bizzarre su tutta la Val di Zoldo. Tutto è perfetto. 

La vista a pranzo

Una volta ritornati sul sentiero nr. 557, i giochi sono praticamente fatti: in un’ora ritorniamo alla Casera della Grava, stanchi ma estremamente soddisfatti. Personalmente è stata una delle uscite più belle, per la compagnia di Luca, per i paesaggi visti, per il fatto di aver affrontato una crisi di fame ed averla superata, per il dislivello e la distanza percorsi, per la notte in tenda, insomma, tutto è andato come doveva andare. La super consiglio, augurandovi di provare le stesse emozioni che abbiamo provato noi.

DATI DELL’ESCURSIONE – GIORNO 1: durata 7h (soste brevi comprese), distanza 21 km, dislivello positivo 1850 m; – GIORNO 2: durata 5h45’ (soste brevi comprese), distanza 15 km, dislivello positivo 1100 m.

Riassunto del percorso

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