Durante la nostra prima salita al Mangart non ci siamo potuti non soffermare sulla lunga cresta
che dalla Ponza Grande conduce fino al Mangart stesso, punto più alto della catena.
Quel giorno il Richiamo ci aveva stregati e così, un mese più tardi, alla prima giornata disponibile
per un’uscita assieme, ci troviamo nuovamente al Lago superiore di Fusine con gli scarponi ai
piedi e il casco nello zaino. La destinazione è la stessa del mese precedente ma stavolta
decidiamo di prenderla un po’ più larga.

Ci prepariamo, scegliamo cosa mettere e non mettere nello zaino e partiamo. Passano al
massimo 20 minuti ed ecco il primo intoppo: ho lasciato (per non dire dimenticato) gli occhiali da
sole sul tettuccio della macchina. Dai, vado, li prendo e torno subito. Mauro, con grande
tranquillità si siede e aspetta tranquillo;  piccola (inutile) ramanzina all’amico di merende
e via che si riparte, a recuperare il tempo perso.

Saliamo. Il tempo atmosferico non è male, prevedono sole, ma al momento ci sono delle nubi
basse che non ci permettono di tracciare con gli occhi la nostra via sul fil di cresta che dal Piccolo
Mangart di Coritenza procede verso ovest. Non importa, quando saremo più in alto la
scorgeremo.
Salendo ancora, troviamo un cartello che vorrebbe farci desistere dal continuare lungo il nostro
percorso. Per fortuna la montagna è una sorta di dittatura illuminata: “illuminata” perché ti da dei
consigli ma ti lascia sempre la libertà di scelta, “dittatura” perché le regole le decide lei (ed è
meglio conoscerle!). Quindi proseguiamo.

Arriviamo all’attacco della ferrata “Via della Vita”, sulla nostra destra un piccolo nevaio facilmente
aggirabile e di fronte a noi l’evidente forcella Sagherza, tra Veunza e Piccolo Mangart, in cui è
situato il bivacco Busettini. Tempo di indossare una manica lunga ed il set da ferrata, fare alcune
brevi considerazioni sulla via da seguire e si riparte.
Adagiati sotto la parete vi sono degli spezzoni di cavo; ci preoccupiamo pensando possano
provenire dalla nostra ferrata ma poi fortunatamente vediamo che il cavo della Via della Vita è
nuovo e luccicante. Ci mettiamo nuovamente in moto.
La ferrata è da subito entusiasmante: verticale, esposta e ben protetta. Ora siamo anche più alti
delle nuvole, rimaniamo incantati.

Il bivacco è sempre più in vista e vicino a noi, crediamo di essere quasi arrivati alla forcella ma ci
manca ancora un breve tratto in cui prestare particolare attenzione: non è molto protetto,
l’esposizione è evidente e i segnavia sono pochi e ben sbiaditi. Nonostante questo, non ci
imbattiamo in particolari difficoltà alpinistiche ed arriviamo al bivacco.
Chi ci dorme qui? E’ lontano dalla civiltà e scomodo da raggiungere. Sicuramente però, per chi
percorre l’intera cresta dalle Ponze al Mangart, è un punto d’appoggio fondamentale.
Il vento è fastidioso, per cui iniziamo ad interpretare il sentiero da cui salire.

 Il Piccolo Mangart di Coritenza presenta una vistosa forcella, ci sembra scontato salire in quella direzione. Non troviamo alcun segnavia, ma un vecchio spezzone di cavo (lungo non più di 8 metri), ci indica il punto da cui salire. Lo raggiungiamo, ci assicuriamo che sia ancora ben fissato e lo sfruttiamo per superare alcuni passaggi moderatamente impegnativi. Troviamo altri passaggini, non protetti e discretamente esposti, che però si superano con la giusta attenzione. Siamo in cima al Piccolo Mangart. Alle nostre spalle, verso sud, lo Jalovec è maestoso ed imponente; mentre verso ovest il Mangart regna su tutta la cresta e ci ricorda quale sia il nostro obiettivo. D’ora in poi tutto l’articolato traverso che piega verso ovest è ben segnalato ed anche protetto, nonostante non ci siano tratti particolarmente impegnativi.

La cresta è lunga e la fame inizia a farsi sentire, per cui ci fermiamo: è ora di pranzo. Le solite scatolette e si riparte correndo, per raggiungere presto la vetta più alta della giornata. Facciamo 100 metri e scopriamo di non aver preso un’ottima decisione: il tonno non l’avevamo già digerito.
Rallentiamo.

Zoom dellímmagine precedente (riuscite a vedere il sentiero e lo spezzone di cavo?)

In poco tempo siamo in cima al Mangart, come sempre affollato. Foto di rito, un paio di biscotti e
scendiamo verso la (ancora lontana) macchina. Seguiamo la ferrata slovena e poi giù verso il
bivacco Nogara. Incontriamo due amici, anch’essi di ritorno dal Mangart, ed in poco tempo ci
sediamo davanti ad una sana birra, in riva al lago superiore di Fusine. Siamo particolarmente
soddisfatti: il percorso era selvaggio al punto giusto per due selvatici come noi, faticoso al punto
giusto per due amanti del sudore come noi.

Distanza Dislivello Tempi
24,73 km
3759 m
8h 00m

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