Apertura del "Troi" Vicenzino-Giupet

Il seguente racconto si scontra con la maggior parte delle buone pratiche di montagna che il CAI divulga, e per questo siamo stati molto indecisi se lasciarne traccia, a maggior ragione su “Il Cuardin


Gemona del Friuli, 15 Novembre 2020

Parcheggiamo la macchina alla fine della petonade (una ripida rampa cementata che si stacca dalla strada principale che sale al Cuarnan). L’idea è quella di percorrere il Troi dal Cjamoç ma non ne siamo ancora convinti. Facciamo una prima breve sosta dove il sentiero attraversa il Vegliato e in quel momento scorgiamo un volto familiare: è Davide, socio della sala boulder e anche lui in movimento senza piani ben definiti. Dopo un momento di confronto, propendiamo per un giro esplorativo della Crete Porie e del suo riul. “Fin dove si arriva” le parole con cui ci accordiamo.

Risaliamo i tornanti delle sistemazioni idrauliche fino al bivio in cui parte il Troi dal Cjamoç, dove però svoltiamo a sinistra per scendere nella monumentale colata detritica. La Crete Porie è proprio il marchio di fabbrica del monte Cjampon: una cicatrice che ne rende inconfondibile il profilo e che quando viene avvistata dalla pianura ti comunica un semplice messaggio: “sei arrivato a casa”.

Il riul da Crete Porie
Altari sacrificali sopra Gemona

All’interno del solco iniziamo a prendere quota, pestando ghiaie più o meno instabili e lasciandoci alle spalle enormi blocchi rocciosi che testimoniano la potenza dei distacchi a cui è soggetta la Crete Porie. Le difficoltà sono molto basse e le piccole paretine da affrontare in arrampicata donano quel divertimento in più. Continuiamo a salire incassandoci sempre di più nel volume di frana e lasciando alla nostra destra i due canaloni che permettono di intercettare il Troi dal Cjamoç come si legge nella relazione di A. Contessi e A. Guerra nel Cuardin N. 3 di novembre 2012.

L’ambiente è spettacolare e la roccia madre, coperta alla base del canalone da enormi volumi di ghiaia, ora è sempre più presente. La salita è un viaggio nel tempo: alla base affiorano le componenti più antiche di quella formazione chiamata Dolomia Principale originatasi circa 200 milioni di anni fa in un ambiente simile alle attuali Bahamas. Man mano che si sale le rocce si fanno più recenti fino a terminare con i calcari del Giurassico che affiorano in prossimità della cresta e che si sono formati circa 140 milioni di anni fa.

Inizia la risalita del riul
Facili placchette
Specchi di faglia su Dolomia Principale
Passaggi su roccia buona
Passaggi su ghiaia

Le difficoltà via via aumentano fino ad arrivare, sul lato destro del canalone, ad una cengia completamente fratturata e che inconsciamente sappiamo essere il punto di non ritorno (quota 1350m circa). A questo punto ridiscendere la Crete Porie sarebbe troppo incerto e pericoloso, decidiamo quindi di continuare a spingerci in alto in cerca di una via di salita. A rendere ancora più complicato il tutto è la nebbia che velocemente sta salendo e riducendo drasticamente la visibilità.

La progressione è molto lenta, ci fermiamo spesso per valutare le varie scelte che la montagna ci sottopone. Contro ogni previsione ci imbattiamo in una serie di strati inclinati verso destra che offrono una roccia molto buona e compatta, i quali ci permettono di guadagnare ulteriormente quota. Al termine di queste paretine però il colore rossiccio, sintomo di attive nicchie di frana, ci blocca. Questo risulterà essere il passaggio chiave della salita. Un minaccioso strapiombo dal colore ferruginoso non sembra offrire una progressione sicura: ci viene in aiuto Davide che, grazie alla sua grande esperienza di montagna, riesce a individuare la linea di debolezza della parete.

Canali tra gli strati
Davide in cima alla cengia fratturata
Nic con grazia sulla cengia
Belli e basta, per fortuna sale la nebbia

Superato il passaggio più psycho guadagniamo ulteriori metri e ormai ci troviamo davvero vicini alla linea di cresta. Alla nostra destra in alto intravediamo i prati della Pale dai Ajars e subito ragioniamo su come raggiungerli per concludere la via attraverso i pascoli sommitali. Passano i minuti e più osserviamo il diedro sopra di noi, più ci convinciamo che il rischio è troppo alto. La soluzione risulterà più facile del previsto.

Ancora una volta Davide, cambia le carte in tavola puntando la cresta alla nostra sinistra che congiunge il Cjampon con il Deneal. Lo vediamo svanire dietro a una banconata rocciosa in direzione di alcuni ciuffi di pino mugo. Più di una volta quest’ultimo ci ha salvato la vita grazie ai suoi portentosi rami e alle radici che stringono la roccia quasi ad opporsi agli agenti atmosferici che la vorrebbero disgregare.

Dopo due minuti che paiono un’eternità sentiamo le seguenti parole: “ragazzi ce l’abbiamo fatta, da qua si risale per i mughi in un attimo”. L’immediata sensazione di rilassamento viene prontamente scacciata indietro: vero che siamo vicini, ma non ce l’abbiamo ancora fatta. Per raggiungere Davide dobbiamo superare ancora un passaggio tosto: un singolo movimento di aderenza su roccia instabile con diversi metri di vuoto alle spalle. Un passaggio che farebbe ridere in un altro contesto ma che ora richiede un grosso sforzo di volontà. Ogni millimetro di roccia viene tastato minuziosamente alla ricerca del punto di maggiore stabilità. Aiutandoci poco elegantemente con appigli vegetali, riusciamo a ribaltarci al sicuro sul terrazzino soprastante. Sentiamo la tensione allentarsi dentro di noi. Dopo dieci facili metri tra i mughi, siamo sulla cresta!

Urla di gioia echeggiano, l’abbraccio di gruppo è d’obbligo. Le gambe ancora tremano per la salita appena compiuta. Quello che doveva essere un semplice giro esplorativo, è diventato invece l’apertura di una nuova via sul monte Cjampon lungo quello che abbiamo battezzato il Troi Vicenzino-Giupet.

Solidità geologica
Diedro marcio
Baratri e nebbie
Ponderare ogni passaggio
Culi su strati
Gioia tra i mughi
Le facce della soddisfazione
Distanza Dislivello Tempi
14 km
1400m
3h circa

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