Era più di un anno che ci eravamo promessi di andare a fare una ravanta assieme. Nicola mi promise di portarmi sul Sernio per lo spigolo NO, io di portarlo sul Montasio per la Via di Dogna.
Alla fine, anche per via della stagione inoltrata, ci orientiamo verso un percorso sconosciuto ad entrambi: è stato grazie alle esortazioni del Bard che abbiamo preso il toro per le corna e siamo riusciti a tenerci un giorno libero. È vero che il tempo è denaro, ma non perché bisogna monetizzarlo: se non si mette subito da parte un po’ di tempo per le cose importanti, i piccoli impegni quotidiani ci assorbiranno completamente, non lasciandoci tempo per noi.
Quindi è così che giovedì 12 novembre mi ritrovo con Nicola, ad Ospedaletto sotto l’alba del Plauris. Partendo dalle Valli del Natisone ero preoccupato per il cielo uggioso: sembra che durante la notte, contro ogni previsione, abbia piovuto, e le nuvole non vogliano andarsene. Per fortuna si sono fermate alle Prealpi e il Canal del Ferro è al sole.
Al parcheggio della Val Alba vediamo già la nostra meta: la cresta che collega le Crete di Gleris al Chiavals.
Partiamo di buon passo: non sapendo bene quale impegno mi avrebbe richiesto la traversata pensavo fosse più prudente essere rapidi nel primo tratto più tranquillo. Mi dispiace attraversare di fretta la foresta che circonda il bivacco Vualt. Fu proprio in questo bosco che mi innamorai delle faggete per la prima volta: nonno Rudi aveva portato me e mio fratello a dormire al Vualt in una delle annuali settimane “torzeone” per bivacchi e, alzandomi al mattino con la luce dell’alba, il colpo di fulmine fu inevitabile. Checchè ne dica Nicola sulle peccete!
Superati i ruderi dell’ex ospedale militare, subito dopo il tornante della forestale, sulla destra si osserva un ponticello con dei bolli blu: è l’attacco del sentiero che risale il ghiaione verso la Cima della Vacca. Il primo tratto ancora in mezzo al bosco richiede un po’ di orientamento per individuare i bolli blu sugli alberi. Uscendo tra le rocce del ghiaione si inizia a salire con decisione annusando qualche zaffata di camoscio e incontrando ogni tanto mucchietti di cacche ancora ghiacciate.
Voltandoci possiamo vedere sotto di noi tutta la Val Alba ed il Plauris sullo sfondo mentre le pareti che dovremo raggiungere incombono su di noi.
Arrivati sull’Alta Via del CAI di Moggio sotto Forcella Piccola abbiamo una breve esitazione prima di capire qual è Forcella della Pecora. Dopo le ultime svolte del sentiero, lo abbandoniamo prendendo a sinistra e ci arriviamo. Da qui vediamo la valle del Gravon di Gleris, ghiaiosa come dice il nome, e le pareti rocciose del Monte Cavallo sullo sfondo. Avendo già coperto buona parte del dislivello possiamo goderci una sosta a base di tè caldo con il doppio panorama, a Sud e a Nord.
La prima cima è ad Ovest, alla nostra sinistra. Per arrivarci si seguono le indicazioni in rosso per Cima della Pecora e, passando davanti ad una croce con epitaffio, si inizia con un passaggio su breve cengetta esposta. Capiamo che è finita la parte escursionistica. Tra roccette e mughi seguiamo la cresta che presto conduce fino al nostro primo obiettivo. Per superare l’ultimo gradino si risale in opposizione un breve camino dove il mio zaino rischia di incastrarsi: non sono mai stato bravo a compattarlo e ad eliminare ciò che non è indispensabile. Eccoci sulla prima delle 5 cime di oggi!
Chissà che il suo nome non indichi lo spazio disponibile… per una pecora o due al massimo, appunto. Non soffro di vertigini, ma sullo spiazzo mi muovo con cautela e col cuore in gola. Verso occidente l’ardita cresta su cui si aggrappano i mughi prosegue verso Cima della Vacca e Creta dei Rusei, ma non è quella la nostra strada. Diamo le spalle anche al Sernio e alla Grauzaria per tornare alla Forcella della Pecora.
Dalla Forcella si prende la direzione opposta rispetto a prima e si inizia a salire lungo il versante meridionale della cresta. L’esposizione ci è compagna lungo tutta la traversata e in certi punti bisogna prestare particolare attenzione alla roccia friabile. Uno dei passaggi più ostici in tal senso è un piccolo canale (almeno II+) che si risale fino ad un mugo per evitare una cengia molto esposta e stretta. Forse il canale più stretto alla sua sinistra è meno impegnativo. Fortunatamente nei passaggi più tecnici che incontriamo più avanti la roccia è salda.
Si arriva quindi al bivio che a sinistra porta in breve a Cima del Muini (indicazioni Cima Nanni?). Quindi si torna al bivio per proseguire sotto la parete di cresta, sempre a sud, in direzione di Cima di Mezzo. Vi si arriva senza particolari difficoltà. Le nuvole invadono anche la Val Alba ma fortunatamente restano sotto di noi; felici per lo spettacolo, riprendiamo il cammino verso Est e, dietro ad uno sperone, scorgiamo lo Jof di Montasio in tutta la sua maestosità. Ora inizia uno dei tratti per me più ostici: la ripida discesa verso Forcella del Forame lungo un canaletto con un sottile strato di ghiaino: il mio incubo. Fortunatamente qualche anima pia ha lasciato uno spezzone di corda a cui mi aggrappo poco elegantemente.
Nell’ultimo tratto della risalita alla Cima Alta di Gleris incontriamo un passaggio inaspettato: presso una piccola forcella si abbandona la cresta per ridiscendere brevemente un canale e passare nel versante nord. Purtroppo siamo a novembre e quindi il terreno è ghiacciato. Guardiamo il lato positivo: almeno tiene vicino il ghiaino. Fuori dal canale ci sono due varianti in salita bollinate: io percorro quella più bassa, a sinistra, senza trovare grandi difficoltà e incontro uno spezzone di corda che mi riporta verso la cresta.
Arriviamo finalmente in Cima Alta di Gleris. I passaggi più difficili sono alle spalle e ci avviamo verso l’ultimo tratto di cresta fino al Chiavals, restando consapevoli che è quando ci si rilassa troppo che si fanno le cazzate: il salto è alto. Dopo un ultimo breve canale da risalire, siamo sulla vetta del Chiavals.
Sulla cima più alta ce la godiamo pranzando e prendendo quel sole che, da quanto possiamo vedere, in pianura si scordano. Dopo aver cercato nomi familiari sul libro di vetta e averlo firmato, iniziamo la discesa lungo la cresta che presenta ancora un passaggio esposto ed un ripido pendio erboso da affrontare. Superato anche il canale tra i mughi che scende verso il bivacco Bianchi, il Giupet Nicola rende onore al suo nome tagliando il sentiero giù per i grebani e saltellando sorridente: è nel suo elemento.
Al bivacco ci fermiamo per bere una Lasko e ascoltare uccelli che purtroppo non sento: riesco ad udire solo il corvo imperiale mentre fende il cielo sopra di noi.
Inizia l’ultima parte del nostro viaggio: la discesa e la faggeta. Vista la foschia ad un certo punto rinuncio a fare belle foto e metto in zaino la macchina fotografica. Con le mani libere provo a stare dietro a Nicola che saltella sul sentiero: non mi era mai successo di sudare in discesa a novembre con la sola maglietta addosso.
Arrivati tra i faggi Nicola sembra ottenere ulteriori energie: sciando tra le foglie si ferma ogni tanto per mostrarmi entusiasta gli alberi morti massacrati dal picchio nero in cerca di larve. Superati alcuni sostanziosi formicai, ci accingiamo a ridiscendere il fondovalle della Val Alba. Passato il torrente attraversiamo in lieve salita il versante destro. Dopo un cartello di sentiero chiuso, l’ultima emozione ci viene data dal tratto di sentiero che percorre il limite superiore di un’enorme frana: prima o poi anche quei depositi lasciati dall’antico ghiacciaio verranno giù, rendendo quel percorso impraticabile.
Tornati al parcheggio, ora pieno di auto nonostante sia giovedì, mi metto scalzo per far respirare un po’ i piedi e togliere il respiro a Nicola. Dopo un breve tratto in auto ci fermiamo e scendiamo di nuovo: il tramonto sta illuminando la valle e le Crete di Gleris che abbiamo percorso.
Ringrazio la Val Alba, la Crete, il Bardo e il Giupet. Alla prossima.
In assenza di traccia gpx ecco le statistiche indicative:
Dislivello stimato: 1400-1500d+
Lunghezza stimata: 14km
2 commenti
maurizio · 8 Gennaio 2021 alle 16:32
mi fa piacere che abbiate fatto la traversata e trovato le corde fisse che ho lasciato e la bollinatura nuova
mandi Maurizio
Nici · 6 Maggio 2021 alle 10:31
Mandi Maurizio, abbiamo letto solo ora. È un giro appagante come pochi e mai scontato! Quelle due corde fisse che magari fanno storcere il naso a qualcuno, sono state molto apprezzate. Grazie!